Marina Cugnetto, prima donna al Tor Dret nel 2019, ci ha raccontato un po’ di sé e delle gare fatte fino ad ora. Ci ha poi dato qualche dettaglio in più sul suo prossimo impegno: l’interessantissimo “The Speed Project”. Mettetevi comodi e godevi questa intervista.
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Parlaci un po’ di te.
Ho 30 anni, attualmente vivo ad Arnad ma sono cresciuta principalmente tra Piemonte e Valle d’Aosta, tra Ivrea e Gressoney. Sono l’ultima di sette fratelli e ho uno splendido rapporto con tutti. La mia mamma ci ha cresciuti da sola perché è rimasta vedova da giovane. Adesso vivo con il mio compagno in Valle d’Aosta. Non abbiamo figli né animali anche se ci piacerebbe tanto averne.
Hai sempre fatto sport?
Sì, fin dalle medie ho praticato sport a livello agonistico prima la pallavolo ora la corsa in montagna. Intermezzo tutto con un po’ di piscina e tanta bici quando posso (mi piace passare le ore in bici e se possibile fare anche viaggi con le borse).
Come hai iniziato a correre e cosa ti ha portato verso l’ultramaratona?
Mi ricordo molto bene il primo allenamento di corsa: giocavo ancora a pallavolo e per me la corsa era giusto quella di riscaldamento prima di una partita o allenamento. Un giorno il papà di una mia compagna di allenamento per gioco ci ha portato a correre intorno al lago di Ivrea (dove ho abitato durante la mia adolescenza) e mi ricordo di aver patito le pene dell’inferno ma di aver finito e di essermi detta: “che bello passare del tempo con me stessa e pensare a qualcosa di diverso dalla pallavolo e dal gioco di squadra” (mi allenavo tutti i giorni e la squadra era una seconda famiglia per me).
Quando ho smesso di giocare a pallavolo per un infortunio, ho continuato a correre per mantenermi in forma e per sfogare lo stress giornaliero. Spesso mi ritrovavo a correre su strada per ore senza sapere esattamente perché ma senza avere un obiettivo in testa. Mi mancava però la competizione e il confrontarmi con qualcuno o crearmi un obiettivo. Ho incominciato così a pormi degli obiettivi personali (fare 15 km, fare 1000 metri di dislivello in un tot di tempo ecc.). Non sapevo che esistessero delle gare che andassero al di fuori dei campi di atletica e soprattutto non sapevo che esistessero delle gare in montagna. Non conoscevo la corsa in montagna.
Ho fatto qualche gara su strada prima di avvicinarmi alla corsa in montagna. Cinque anni fa tramite il mio compagno (che avevo appena conosciuto) ho fatto la mia prima gara di vertical e da lì mi si è aperto un mondo. Ho allungato sempre di più le distanze fino a percorrere nel 2019 130km al Tor Dret (gara del circuito del Tor des Geant) vincendo la competizione. Da lì ho capito che potevo farlo seriamente allenandomi con costanza e criterio, compatibilmente con il lavoro (sono infermiera).
Ad oggi la distanza che amo di più percorrere sono le 50km ma so di poter essere competitiva anche in distanze come le 100km se riesco a prepararmi bene.
Quale delle gare che hai fatto ti è rimasta nel cuore e perché?
Premesso che ogni gara ha una storia a sé e soprattutto un peso in emozioni non indifferente, la gara che mi ha segnato di più è stata sicuramente il Tor Dret. Credo di non aver mai provato delle sensazioni tali in tutta la mia vita. 28 ore di corsa no stop non sono una passeggiata e hai tanto tempo da spendere con te stessa. È stato bello avere la mia famiglia con me durante il percorso (2 fratelli e il mio ragazzo mi hanno fatto da supporto per tutta la gara) e gareggiare “in casa” è sicuramente un’esperienza unica, soprattutto se la gara la vinci.
Qual è stata la sfida più grande che hai dovuto affrontare e superare in una gara?
Sempre durante il Tor Dret non sono riuscita a mangiare nulla (se non un pacchetto di patatine e mezza birra a metà percorso) per tutta la durata della gara. In più sono caduta quasi subito durante la prima discesa battendo forte il ginocchio. Fisicamente non ero sicuramente al 100% eppure la testa ha compensato tutte le energie che il mio corpo non riusciva a tirare fuori. Mi sono stupita di me stessa e della forza mentale che ho saputo tirar fuori.
Quale gara hai nel cassetto?
Quest’anno ho 3 grossi obiettivi: i Campionati Italiani ad Arco a maggio, la Ultra Dolomites a Cortina e la CCC ad Agosto. Spero di arrivare a fare tutte le gare al massimo della forma cosa che lo scorso anno non mi è riuscita a causa di un infortunio che mi ha bloccato per parecchi mesi. Confido in una stagione più duratura!
Hai un obiettivo da raggiungere nella tua carriera da ultrarunner?
Il mio sogno nel cassetto sarebbe partecipare la Western States. I sogni sono gli ultimi a morire!
Perché la percentuale di donne ultrarunner è ancora molto bassa?
Penso che le cause siano molteplici: non è uno sport facile a livello fisico e sotto molti aspetti è poco “femminile” (nel senso stretto del termine). Inoltre richiede tanto tempo da dedicare. Mi rendo conto che se avessi anche solo un figlio non potrei assolutamente pensare di dedicare tutto il tempo che dedico adesso agli allenamenti, tenuto conto che già il mio lavoro occupa gran parte della mia vita.
Che impatto ha il ciclo sui tuoi allenamenti?
Non è mai stato un problema. Neanche quando giocavo a pallavolo. Diventa un problema quando incide negativamente su ferro e ematocrito ma cerco sempre di controllarmi.
Hai un allenatore?
Sì sono seguita da un allenatore. Si chiama Mattia Vuillermin e mi sopporta da quando ho deciso di iniziare questa folle vita!
Hai qualche talento nascosto oltre la corsa?
Qui qualcuno riderebbe di gusto….ma penso di fare degli ottimi dolci (quando ho tempo per farli) e comunque di essere una brava cuoca in generale.
Dove ti vedi tra 10 anni?
Il mio sogno sarebbe quello di gestire una piccola attività in montagna con il mio ragazzo continuando a correre nel tempo libero ma mi rendo conto che ormai fare progetti a lungo termine è sempre più difficile. In ogni caso a me piace sognare e avere progetti per sentirmi viva!
Parlaci della tua prossima avventura: The Speed Project
È un evento nato 7 anni fa. L’idea è quella di percorrere nel minor tempo possibile la distanza che intercorre tra Los Angeles (spiaggia di S. Monica) e Las Vegas. Sono circa 300 miglia. Non ci sono regole (se non evitare per ovvie ragioni le highway) il percorso deve essere il più rapido ma nelle passate edizioni è stato praticamente già definito e al momento il record delle donne a squadre è di poco più di 35 ore. (Vuol dire correre con una media di 4.30 al km più o meno). La gara può essere fatta in solitaria o a squadre di massimo 13 persone ma per puntare ad un risultato “competitivo” la squadra può essere composta da 6 persone – solo uomini o solo donne. Ci sono 40 squadre in totale e gareggiano tutte su invito.
La suddivisione del percorso tra i componenti è a discrezione della squadra ma anche in questo non abbiamo che da copiare: sì è visto che il miglior modo per abbassare il tempo è quello di suddividere ogni frazione in 10 km a staffetta. Ovviamente se qualcuno della squadra non se la sente di fare dei chilometri subentra qualcun’altra in aiuto finché non si arriva a Las Vegas!
L’evento l’ho conosciuto iscrivendomi ad un contest trovato on line. Veniva richiesto un CV sportivo, dei requisiti di tempo in varie distanze (5k, 10k, mezza e maratona), capacità di parlare in inglese e qualche altra informazione che ora non ricordo. So solo che mi ispirava l’obiettivo e mi ispirava l’idea di poterlo raggiungere con altre donne. Oltre al fatto che il mio sogno nel cassetto è sempre stato quello di poter correre una gara in America.
Inizialmente era stata selezionata un’altra ragazza italiana (la ben nota Emmie Colinge) che mi hanno detto abbia rinunciato per un infortunio improvviso. Domenica mi ha contattato la responsabile del progetto ON (che si occupa di sponsorizzare la nostra squadra) e mi ha chiesto se ero disposta a sostituirla. Prima ho detto sì senza pensare a nulla. Poi ho pensato a mente lucida a cosa stavo andando a fare (mi sto allenando per i Campionati Italiani a maggio di lunghe distanze, decisamente tutt’altra cosa) e che mancavano poche settimane al 25 marzo. Ma mi sono detta “un’esperienza così quando ti ricapita?!?!”.
E così ho iniziato a rivedere alcuni allenamenti con tanta gioia del mio coach (che ovviamente mi sostiene nelle mie idee folli).
Ho conosciuto solo l’altro giorno le altre ragazze in una call. Sono tutte provenienti da stati diversi e ci accomuna la passione per la corsa in diversi ambienti. Ci sono ragazze specializzate in ultra ma anche triatlete. La coach è una ragazza di New York che ha già seguito altre squadre e che ha fatto a sua volta questa gara più volte.
Per adesso ci stiamo ancora organizzando su tattiche di gara e organizzazione varia. Di sicuro vogliamo battere il record! Ovviamente una gara così deve essere preparata con largo anticipo e personalmente non ho avuto e non avrò tempo per farlo nello specifico ma i chilometri nelle gambe non mi mancano e tutto sommato i ritmi di gara richiesti non sono fuori dai miei standard quindi possiamo giocarcela a parer mio.
Non è finita finché non arriviamo!
Non potrà esserci nessuna assistenza da parte degli organizzatori quindi ogni squadra deve avere un appoggio da parte della propria crew. In questo siamo fortunate. La ON sta pensando a tutto ed è pronta a farci avere tutto quello che ci serve. Il resto tocca a noi. Dobbiamo essere forti e cercare di superare ogni evento avverso soprattutto temperature alte, distese infinite, il deserto, allergie non previste e animali randagi che potrebbero presentarsi sul percorso. Ma non mi spaventa questo dato che non saremo quasi mai da sole. Ovviamente ci hanno consigliato uno spray al peperoncino per ogni evenienza.
Personalmente ho solo paura di patire il fuso e di non arrivare riposata il giorno della gara. Inoltre qui dove abito io in Valle d’Aosta le temperature sono ancora parecchio basse rispetto a quelle previste in California. Spero di acclimatarmi in breve tempo. Ho comunicato di essere celiaca e non sembra ci siano problemi per questo.
Non vedo l’ora di partire e conoscere dal vivo le altre ragazze. Sarà un’esperienza indimenticabile
Aggiornamento!
Marina ha completato The Speed Project e ne abbiamo parlato QUI