Che cosa c’è dietro la prima 100 miglia? Che sapore ha la prima vittoria? Ivana Virgilio ci parla della sua Tuscany Crossing 100 miglia 2021.

Ivana sorride
Foto concessa da Stefano Grigiotti

Riguardo per l’ennesima volta il video della gara per ricordarmi per l’ennesima volta che è tutto vero.

L’arrivo. Gli applausi. Le foto. L’organizzazione che mi chiede di riassumere in 4 parole la mia Tuscany. “Un sogno che si avvera” è la mia voce che, con naturalezza disarmante, non poteva dire nulla di più vero.

La mia Tuscany è iniziata il giorno in cui mi sono iscritta ad inizio 2020. Ero immotivatamente attratta da questa gara. Innamorata e dolcemente ossessionata. Con il mio Coach Roberto ne abbiamo parlato fino allo sfinimento ed abbiamo iniziato a prepararla fin da subito curando ogni minimo particolare. Ero all’alba di una gara allenamento (avevo scelto la Ultrabericus 100km 4000D+) come ultimo lunghissimo pre Tuscany quando è arrivata la pandemia come un fulmine a ciel sereno.

Ivana mangia
Foto concessa da Stefano Grigiotti

Dall’iscrizione, fino al momento della gara stessa, non è mai passato un giorno senza che io pensassi o facessi qualcosa per la mia Tuscany. Ogni giorno mi sono impegnata per essere migliore di quello precedente. A volte ci sono riuscita, altre no. Ma il mio impegno è stato costante, ogni singolo giorno. Ogni scelta è stata fatta per arrivare al meglio delle mie possibilità. Ho abbandonato alcune fragilità che non aveva più senso portare con me, ho conosciuto una parte di me che probabilmente senza queste gare non sarebbe emersa mai. Ho consolidato amicizie sportive, diventate poi reali ed impagabili. Ho visitato posti meravigliosi arrivandoci solo con le mie gambe.

Dopo un anno e 9 mesi di attesa, il 24 settembre 2021, sono finalmente sotto l’arco di partenza. Conto le donne: sette. Poche. I miei compagni di squadra sono agitati: io no. So che è una gara cattiva e che va gestita: è molto, molto corribile ed è facile strafare e non averne più prima della fine. La mia idea è quella di fare più chilometri possibili di notte: adoro correre da sola al buio e riesco veramente a fare bene. Ho in mente un paio di salite da gestire ed il resto…chi vivrà vedrà.

A qualche secondo dalla partenza decido di mettermi in prima fila, a destra, nella parte più stretta della curva: è tutta discesa e, anche se la gara è molto lunga, decido di mettere fin da subito i puntini sulle i. E così è stato.

Ivana beve
Foto concessa da Stefano Grigiotti

La temperatura è perfetta. I primi ristori, così come la prima base vita, arrivano senza neanche accorgermene. I volontari sono gentilissimi e poi alle basi vita ho due angeli ad attendermi: Elena e Paola (mogli di due compagni di squadra).

La notte mi avvolge e correre sotto quell’immensa luna che illumina le strade bianche è un privilegio enorme. Le luci dell’alba scandiscono i primi 100km: la gara vera inizia adesso. La salita di Montalcino, dopo chilometri e chilometri di saliscendi corribilissimi, è impegnativa. Pausa autogrill (come la chiamo io) e via verso la seconda base vita. La posizione di squat durante la breve sosta non è piaciuta al mio flessore sinistro: il suo disappunto lo porterò con me fino al traguardo.

Alla base vita mi cambio e mangio. Finito il panino arriva la nausea ed i primi conati di vomito e da li mi è stato impossibile mangiare (se non due GEL di numero) nelle successive 12 ore. Ho provato a mangiare di tutto ma non c’era verso. Anche l’acqua mi dava nausea ma mi sono violentata per mandarla giù: diversamente la mia gara non sarebbe durata a lungo. Da tarda mattinata un bel caldo torrido ha messo alla prova un po’ tutti: la stanchezza iniziava a farsi sentire, il digiuno mi dava una sensazione poco piacevole di spossatezza ed il caldo mi costringeva a bere ancora di più. Rallento tanto. Ad ogni ristoro mi sforzo di provare a mangiare qualcosa di diverso ma non c’è verso: riesco a bere solo the caldo. Però…sentirsi dire “Eccola!!! la prima donna!” mi da una carica pazzesca.

Ivana prima donnna
Foto concessa da Ivana Virgilio

Arriva il secondo tramonto e la prima allucinazione della mia vita. Ne ho sentito parlare a lungo ma non ne avevo mai vissuta una ed ero arrivata a pensare fossero leggende metropolitane. Ed invece no. Anche in questo caso, la lucidità che tengo salda per tutta la gara, mi fa pensare “Ivana dai ragiona: non è possibile. Questa è un’allucinazione e, nella realtà, quello è un cespuglio!” ed in effetti era un cespuglio. Rimetto la lampada frontale: anche se manca poco, è già buio. Gli ultimi 3km di salita mi sembrano infiniti e abbastanza cattivelli. Arriva un whatsapp da Stefano, un compagno di squadra ed un prezioso amico, “spegni la frontale”.

Mi rendo conto che mancano 300 metri…WOW! Alla mia sinistra c’è una curva a esse e l’arco arancione. Sento le voci di chi è li e mi aspetta. In quel momento sparisce ogni dolore, acciacco, stanchezza. Volo verso il traguardo tagliando il nastro della prima donna.

Gli applausi. Le foto. L’organizzazione che mi chiede di riassumere in 4 parole la mia Tuscany. “Un sogno che si avvera” è la mia voce che, con naturalezza disarmante, non poteva dire nulla di più vero.

Non è un’ultramaratoneta. Le sue gambe la portano al massimo a completare una maratona. Non crede di potersi spingere più in là di questa distanza eppure, o forse proprio per questo, è da sempre affascinata da chi riesce a spingersi oltre i propri limiti, fisici e mentali. E' appassionata di ultratrail americane.