Questo articolo è il risultato di un incontro con l’ultratrailer italo-svedese Geraldine Lilly Roma. 35 anni, di Firenze ma vive a Torino con il marito con il quale ha un’azienda che si occupa di prodotti professionali per capelli.

Un errore fatale

Durante la nostra bella chiacchierata, Geraldine mi racconta che ha sempre fatto sport, fin da bambina. Il suo primo amore è stato il tennis che ha praticato a ottimi livelli (è stata 580 al mondo) ma purtroppo riceve una squalifica per doping che ha messo fine ai suoi sogni di gloria e tutto per un’ingenuità da ragazzina “ho fatto uso di un cicatrizzante spray per le vesciche alle mani e conteneva il clostebol, una sostanza proibita”. Nonostante la squalifica venga abbassata da tre anni ad uno, il morale è a terra: con la classifica azzerata bisogna ricominciare praticamente da capo, un lavoro lungo, faticoso e anche economicamente molto pesante da mantenere. Dal 2006 al 2016 si tiene in forma continuando a giocare a tennis ma a ben altri livelli rispetto a prima della squalifica e andando in palestra.

Arriva poi la corsa

La corsa arriva spesso come un ripiego o come l’unico sport comodo da praticare perché in fondo metti su le scarpe e vai; arriva spesso per caso, perché lo fanno le amiche che ti invitano una sera a provare. E’ così anche per Geraldine: “ho iniziato proprio per caso nel 2016, prima su strada e su pista; poi a causa di un infortunio al trocantere che mi impediva di correre su asfalto, mi iscrissi a tre trail in tre settimane consecutive senza un allenamento specifico. E’ stato davvero un amore a prima vista. Il trail mi ha preso come un fulmine a ciel sereno, non stare più con il garmin puntato, ossessionata dai tempi e dall’andatura. Il trail è libertà, è magia”.

Geraldine all'arrivo

Foto concessa da Geraldine Lilly Roma

Primi passi dentro le ultratrail

Nel 2018 partecipa ai suoi primi ultratrail: Matterhorn Cervino X-Trail (Ita), Ultra Trilhos Rocha da Pena (UTRP) (Por) e il Trail des Alpes Maritimes (Fra) dove si classifica terza donna. Sono tutte gare attorno ai 50 km, per prendere confidenza con le lunghe distanze. Nel 2019 si ferma a seguito di un’operazione ad un piede e il 2020 sappiamo tutti com’è andato. Poi nel 2021 tenta il salto e partecipa prima alla Ultra Dolomites – una delle gare della Lavaredo Ultra trail, 80 km con 4600 m di dislivello e poi alla Courmayeur-Champex-Chamonix (CCC), gara della UTMB: 100km e 6100 m di dislivello positivo.

Geraldine e medaglia

Foto concessa da Geraldine Lilly Roma

Ultra Dolomites

“La Ultra Dolomites è una gara che mi è entrata dentro, forse perché era la mia prima ultra di rilievo o perché mi accompagnava mio padre come quando ero bambina. Ho conosciuto tanti atleti che mi hanno dato dei giusti consigli, avevo sete di sapere e mettere in pratica. Non ho avuto grandi problemi, ho gestito la gara al meglio e proprio come l’avevo programmata e fino alla fine e se ci fossero stati dei chilometri in più, avrei avuto tutta l’energia per farli. Certo, ho dovuto affrontare una grandinata pazzesca al buio e a 1800m. Quella grandinata, seppur durata poco, è stata davvero brutta: faceva male alle orecchie, alla faccia e ho pensato di non potercela fare. Ma non mi sono fermata, avevo l’adrenalina in circolo e una grande voglia di arrivare: volevo Cortina, volevo il traguardo. Poi comunque fermarsi sarebbe stato peggio. Ma lì, devo dire, ebbi paura”

CCC

La CCC è stata sicuramente una grande sfida più grande da superare e suo padre, che le ha fatto assistenza, l’ha spronata ad andare avanti: “subito dopo il primo muro volevo ritirarmi ma lui mi aiutò ad allontanare “i demoni” dentro di me e a trovare ottimismo e positività, almeno per un po’. Poi, dopo Trient (70 km) le gambe non ne volevano sapere, erano diventate dure e lattacide e le ho quasi implorate di continuare. C’è anche stata la “lotta” con la frontale: non vedevo più bene, davo la colpa alla frontale ma capii solo dopo che era pura stanchezza. Anche lì ho stretto i denti con ferocia perché la voglia di arrivare era così tanta che non potevo fermarmi”.

Geraldine corre

Foto concessa da Geraldine Lilly Roma

Maxi Race du Lac d’Annecy

Mi racconta poi dell’ultima gara del 2021: La Maxi Race du Lac d’Annecy (FRA), 82 km e 5000 D+ “quella gara fu magia. Un mese prima di farla ero perseguitata da un’infiammazione al polpaccio e al polso e fino a tre giorni prima ero incerta se farla perché non riuscivo ad allenarmi con costanza. Feci un ultimo allenamento breve e sentì che il polpaccio andava meglio, così decisi di partire anche se non sapevo se l’infiammazione si sarebbe presentata e come.

Geraldine vittoriosa

Foto concessa da Geraldine Lilly Roma

 

Ero da sola, pochi punti ristoro e non avevo assistenza. Ho sofferto colpi di sonno intorno alle 6 e alle 8 del mattino; cercavo di tenere gli occhi aperti sgranocchiando di tutto e pensando a tantissime cose. Alla fine, però, andò tutto bene, anzi molto bene e arrivai al traguardo piena di gioia e senza un dolore. L’infiammazione? Sparita nel nulla. Succede a volte, non si sa come, non so se lo sapremo mai, puo’ accadere sempre di tutto in questo sport. Almeno, io mi aspetto sempre di tutto!”

Le donne nelle ultra

Finiamo poi, come sempre, a parlare di donne, dei numeri che crescono ma che restano ancora bassi se confrontati con altre realtà: “Le donne sono poche. Questo sport non è una passeggiata. Gli allenamenti sono tanti e ogni giorno uno diverso dall’altro; la vita di coppia ed il lavoro te lo devono permettere e non tutte hanno un compagno di vita che sa capire e accettare il fatto che durante i periodi clou ci sono da fare tante ore di allenamenti fuori da casa e magari in solitaria e quando arrivi vorresti solo dormire e dimenticare tutto il resto. Probabilmente conta anche il fatto che stare nei boschi ad allenarti tante ore da sola non è molto sicuro. Solitamente io da aprile a luglio mi alleno dal venerdi al lunedi in costa azzurra, sono fortunata perché ho le alpi marittime. Ma sono molto buie, sentieri non segnalati bene, moltissimi serpenti.

Quest’anno mi è capitato durante un allenamento in discesa di vedere tantissime vipere e sono andata completamente nel panico tanto che poi ho avuto dei problemi ad affrontare i sentieri. Per non parlare di tutte le volte che mi sono persa e che sono andata nel panico. E’ anche per questo forse che la percentuale di donne è bassa. Ci vuole spirito e coraggio”

Geraldine corre

Foto concessa da Geraldine Lilly Roma

 

Infatti è uno sport duro, specie se fatto bene e ad alto livello, ma è anche – dice Geraldine – “uno sport che ti regala tanta energia che non sapevi assolutamente di avere; soprattutto si riesce ad instaurare con il proprio corpo un rapporto unico e impari a conoscerti molto bene”. A volte però le donne, per riuscire a dare il meglio di loro stesse devono combattere con gli sbilanciamenti ormonali del ciclo mestruale e ognuno di noi trova le proprie personali misure: “Il ciclo purtroppo l’ho patito tanto e ho dovuto provvedere a prendere un contraccettivo a basso dosaggio perché non era possibile continuare con quei dolori, con la stanchezza ma anche con gli sbalzi di umore.

La preparazione richiede cura

Geraldine è allenata da Stefano Ruzza: “Sono stata fortunata, è importante essere allenati e seguiti da qualcuno veramente in gamba con tanta esperienza alle spalle ma soprattutto che gestisce in modo impeccabile ogni allenamento. Certo, però, il resto lo devi far tu con il tuo carattere con costanza e determinazione”. Le gare le prepara con grande cura, studia il percorso, i punti ristoro, il dislivello, il piano nutrizionale. Gli esperimenti si fanno in allenamento, lontani dalle gare “solitamente io ho già le idee molto chiare: ogni ora un gel 99% naturale, ogni 20’ sorseggio acqua e pochi sali, invece prima di salite lunghe cibo solido e vado avanti così. Ai ristori non manca mai la pastina. Così si va avanti tante ore”.

Di obiettivi e cassetti

Uno degli obiettivi che ha Geraldine è migliorare sulla velocità ma anche poter invecchiare con questo sport meraviglioso che “ci regala tanto”.

Le chiedo della sua gara nel cassetto: “potrebbe essere la Western States o la Badwater, ma credo che la cosa più bella sarebbe farle tutte con cuore”.

Non è un’ultramaratoneta. Le sue gambe la portano al massimo a completare una maratona. Non crede di potersi spingere più in là di questa distanza eppure, o forse proprio per questo, è da sempre affascinata da chi riesce a spingersi oltre i propri limiti, fisici e mentali. E' appassionata di ultratrail americane.