Il 28 aprile 2022 alle 23:30, ora italiana, Jacky Hunt-Broersma ha stabilito un nuovo record del mondo femminile: 102 maratone in 102 giorni consecutivi. Di certo Jacky non avrebbe neanche lontanamente immaginato di poter compiere un’impresa del genere nel 2016 quando ha iniziato a muovere i primi passi in questo sport, dato che fino a qualche tempo prima detestava la corsa al punto da nascondersi in bagno tutte le volte che a scuola bisognava correre.
Di certo non lo avrebbe neanche lontanamente immaginato possibile nel 2002, quando le fu diagnosticato il sarcoma di Ewing e l’unica soluzione possibile per salvarle la vita era stata l’amputazione della gamba sinistra.
E invece eccola qui a festeggiare con la sua crew – marito, figli, cani e amici – un record del mondo. La faccia stanca ma felice, una bellissima giornata di sole tipica dell’Arizona e la conferma di ciò che in cuor suo già sapeva: “I can do hard things”, posso fare cose difficili.
Chi è Jacky?
Jacky è cresciuta a Pretoria, in Sud Africa. Da giovane ha praticato nuoto a livello agonistico e considerava la corsa il male assoluto. A Pretoria ha conosciuto il marito e insieme si sono spostati piuttosto spesso. Hanno vissuto sette anni in Olanda e 13 in Inghilterra, prima di approdare negli Stati Uniti. Dopo il North Carolina, è la volta dell’Arizona dove vivono con i loro due bambini di 9 e 11 anni e due cani.
Il sarcoma
Nel 2002, mentre vivevano in Olanda, durante una visita di controllo, scopre di avere il sarcoma di Ewing, un tumore molto raro delle ossa che di solito colpisce il femore, la tibia o l’omero. Una caratteristica di questo tumore è che in mancanza di una diagnosi e trattamento precoce, può provocare metastasi polmonari. Proprio per evitare l’esito peggiore, l’unica soluzione prospettatale fu l’amputazione della gamba sinistra sotto il ginocchio.
Il periodo che seguì fu ovviamente molto complicato. Mentre riceveva tutte le cure mediche possibili, non veniva data grande importanza all’aspetto psicologico, aspetto decisamente importante e di non facile gestione. Per anni ha nascosto la sua protesi con capi di abbigliamento adatti e, a prima vista, nessuno avrebbe detto che a Jacky mancasse una gamba. Poi, però, è arrivata la corsa e la sua vita è cambiata: ha acquistato fiducia in se stessa, ha smesso di nascondersi (anche perché nascondersi era diventato impossibile durante allenamenti e gare) e ha iniziato a parlare della sua storia.
La corsa
Dal 2018 ha corso sette ultra, tra cui una cento miglia fatta interamente sul tapis roulant – stabilendo il record per atleta amputati – e un tentativo fallito di completare MOAB 240, gara che ritenterà ad ottobre 2022. Le sue gare nel cassetto la dicono lunga sulle ambizioni e sulla determinazione di Jacky: la Western States, Cocodona 250 e la Comrades in Sud Africa.
Ma come è arrivata alla corsa dato il suo disprezzo – così lo definisce lei più volte – per questo sport?
Un po’ per caso e un po’ perché ha iniziato a vedere la corsa come una cosa da fare con il marito, runner da tempo. Così, nel 2016 si è iscritta a una 5km che ha corso con la protesi solita, quella che usava per camminare, rigida e pesante. Ha per lo più camminato, tentando raramente di correre, ma alla fine si è innamorata dello sport e della comunità di runner. Da lì a poco ha preso la decisione di investire in una protesi da corsa.
Un vero e proprio investimento
Si tratta di un investimento nel vero senso della parola dato che una protesi da corsa ha un costo che va dai $10,000 ai $20,000. L’assicurazione non copre assolutamente niente perché una protesi di questo tipo viene considerata un “lusso”. Qui non stiamo parlando di comprare un paio di scarpe da €100 euro e poi decidere che la corsa non fa per noi. Investire in una protesi di quel tipo vuol dire sapere in cuor proprio che la corsa sarà parte della propria vita. A questo aggiungiamo anche che ci vogliono mesi, a volte anni, per trovare una protesi che calzi perfettamente. L’investimento, quindi, non è solo economico ma è anche emotivo e di tempo.
Così è stato per Jacky.
La scelta dell’ultratrail
Da allora Jacky ha corso molte gare, concentrandosi sulle lunghe distanze. La cosa sorprendente è che la sua scelta sia ricaduta sul trail. Si sa, quel tipo di terreno nasconde pericoli per chiunque: inciampare su una radice, scivolare sul fango o su una pietra bagnata (per citare quelli più frequenti). Con una protesi, i pericoli sono maggiori perché si può incastrare ovunque ed è difficile da controllare. Inoltre, bisogna essere anche in grado di sistemare la protesi se qualcosa si rompe quindi bisogna portarsi dietro l’attrezzatura necessaria.
Il suo record
A gennaio 2022, Jacky ha deciso in maniera molto impulsiva, come fa spesso, di provare a superare un record: quello delle maratone consecutive. Il record stabilito da un atleta amputato era di 33 giorni, mentre il record femminile assoluto di 95. Prende così la decisione di fare 100 maratone in 100 giorni. Purtroppo, però, questo suo primo obiettivo ha dovuto subire un cambiamento dopo 86 giorni e 3.628,77km dato che un’atleta inglese aveva nel frattempo stabilito un nuovo record arrivando a quota 101 maratone. Jacky non ci ha pensato su e ha alzato il suo obiettivo a 102. Scherzando, ha detto che questa è un’ottima base di allenamento per Moab 240.
Jacky ha corso prevalentemente in piano, attorno a casa sua con giri brevi che le hanno consentito di avere ristori comodi e in alcuni casi autogestiti. A volte ha corso sul tapis, per dare un po’ di tregua al suo moncone. Ha cercato di correre sempre alla stessa ora, cioè alle 8:30 di mattina, dopo aver accompagnato i figli a scuola e aver portato a spasso i cani. I suoi tempi sono andati dalle 4h30 in su.
Giorno dopo giorno
Questi 102 giorni non sono stati facili e hanno presentato sfide sempre diverse. Niente di inaspettato dal punto di vista fisico e psicologico, ma quello che segue è un tentativo di riassumere i problemi che Jacky ha di volta in volta dovuto affrontare.
Le prima due settimane sono state durissime dal punto di vista fisico, ma poi il suo corpo ha iniziato ad adattarsi al chilometraggio e il problema maggiore è diventato, come spesso accade, quello mentale che, ha dichiarato Jacky, è stata forse la cosa più difficile di questa sua avventura. Un altro problema quasi inevitabile e che Jacky aveva in qualche modo previsto è stato quello dell’alimentazione: inizialmente la tattica era mangiare tutto quello che voleva e quanto voleva; si è accorta ben presto però che avrebbe dovuto prestare più attenzione a ciò che mangiava perché aveva bisogno di alimenti più nutrienti e maggiori calorie.
Oltre all’aspetto mentale e alla stanchezza, il problema principale – anche questo prevedibile – è stato il moncone e per due motivi fondamentali: il gonfiore, che a volte ha reso difficile la calzata della protesi, e i dolori e i crampi durante la notte, che le hanno reso difficile recuperare a dovere. Niente, comunque, di troppo serio.
Poi ci sono stati anche problemi tecnici. Il giorno n. 35, dopo aver letto il regolamento per stabilire il record, Jacky ha deciso di spezzare in due parti la maratona per motivi familiari correndo due mezze con una pausa di qualche ora. Sotto il suo post quotidiano su Instagram, però, qualcuno le ha messo il dubbio di aver interpretato male il regolamento e, per evitare problemi, ha deciso di rifare una maratona in quello stesso giorno senza pause, completando la seconda maratona della giornata alle 23:55 (il limite massimo ogni giorno era mezzanotte).
La maratona n. 92 ha coinciso con quella di Boston, dove ha conquistato il terzo posto nella categoria riservata agli atleti paralimpici.
Durante l’impresa, la sua strategia è stata molto prudente, correndo ogni maratona molto piano per evitare di stressare troppo il corpo e infortunarsi e per dosare al meglio le energie, proprio come si affronta un’ultramaratona.
Il suo impegno
Jacky vuole ispirare altri a non arrendersi; vuole che altre persone con arti amputati sentano di poter fare, sempre e comunque, grandi cose. Proprio per questo, sono anni che lavora con associazioni che si occupano di amputati, specie bambini, per dare loro non solo un supporto morale ma anche economico. Si impegna, infatti, nella raccolta di fondi per fornire protesi da corsa a più persone possibili e, nel tentativo di conquistare questo incredibile record, ha raccolto fondi per l’associazione “Amputees Blade Runners”. Al momento della pubblicazione di questo articolo, Jacky ha raccolto quasi £28.000